I file che contengono immagini fisse, immagini in movimento (video) o anche solo audio (per comodità “file multimediali”) occupano molto più spazio in memoria rispetto ai file di testo.

Nell’articolo sul campionamento abbiamo visto che, ad esempio, tutto il testo della Divina Commedia occupa l’equivalente di meno di un secondo di musica registrata digitalmente (con una scarsa qualità del suono peraltro).

Nonostante la tecnologia ci metta a disposizione memorie sempre più economiche e sempre più capienti, la necessità e la consuetudine di comprimere i file multimediali resta e resterà per molto ancora, permettendo di raggiungere qualità sempre migliori.

Gli algoritmi (ossia i metodi) per la compressione dei dati appartengono principalmente a due famiglie:

  • gli algoritmi per la compressione lossless,
  • gli algoritmi per la compressione lossy.

Lossless

Gli algoritmi di compressione lossless hanno la caratteristica di non modificare il contenuto informativo da comprimere. Difatti “lossless” letteralmente significa “senza perdita”. Un esempio è costituito dai file zip (le “cartelle compresse” di Windows): abbiamo una cartella con tre file in formato Excel, la comprimiamo in un file .zip, lo spediamo per posta elettronica come allegato, il destinatario riceve il messaggio, apre l’allegato e ottiene esattamente i file che avevamo sul nostro computer all’origine, senza alcuna modifica.

Lossy

Gli algoritmi di compressione lossy comprimono in percentuale maggiore rispetto agli algoritmi lossless ma la loro caratteristica principale è quella di eliminare parte del contenuto informativo. Avete letto bene: gli algoritmi che si usano per i file multimediali (e che generano ad esempio i file jpg, mp3 e così via) sono algoritmi con perdita di informazione: il risultato della compressione è un file che non contiene tutte le informazioni che c’erano nel file originale. Ma perché allora vengono utilizzati? Perché il “trucco” sta nel togliere informazioni non percepibili all’orecchio (o all’occhio) umano. Questa “semplificazione” è tipica del digitale: si tratta di togliere informazioni senza che il fruitore se ne accorga. Se invece la compressione è troppo spinta ecco che ci accorgiamo che “qualcosa non va” e non apprezziamo la versione digitale di un brano o di un video.

I CODEC

La compressione delle informazioni di tipo multimediale (come audio o video ad esempio) avviene mediante l’implementazione degli algoritmi sopra descritti.

Queste implementazioni prendono il nome di CODEC, il cui scopo dunque è di COdificare – DECodificare in un determinato formato compresso le informazioni digitali.

I CODEC quindi vanno installati nel proprio computer e permettono, con un software detto lettore multimediale,  di fruire correttamente dei contenuti multimediali di proprio interesse (come audio o video).

La medesima versione di un lettore multimediale può essere in grado o meno di riprodurre un file audio o video, a seconda di quali CODEC sono installati sul computer.

Come per tutti i tipi di software, anche un CODEC avrà una certa licenza e ad esempio potrà essere free-software, freeware, shareware, bundled, commerciale e così via (vedi anche l’articolo sulle licenze software). Pertanto non è detto che tutti i CODEC vengano forniti e si installino automaticamente installando il lettore multimediale.

Può essere conveniente (anche per evitare conflitti fra differenti versioni) l’installazione congiunta di diversi CODEC in una sola volta. Perciò si usano i pacchetti di CODEC, che contegono un “ventaglio” di CODEC, adatti alla riproduzione di diversi tipi e forma-ti di file multimediali, evitando conflitti software.

Non solo multimedia

La compressione dei dati non si utilizza solamente per i file multimediali, ad esempio ne parliamo anche nell’articolo il backup.

 

Bibliografia: Rossignoli, N., Introduzione al digitale, Lampidistampa, Milano, 2008

Immagine: Foto di Cytonn Photography da Pexels